Diritto a maggiore retribuzione per mansioni superiori

Diritto a maggiore retribuzione per mansioni superiori

di Anastasia Maria Mele -
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La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha recentemente emanato un'ordinanza che chiarisce la portata dell'art. 52, d. lgs. 165/2001 in merito al diritto del lavoratore pubblico a ricevere una retribuzione proporzionata al tipo di mansione svolta. 

Corte di Cassazione, ord. 2275/2021 

Oggetto dell'ordinanza è la controversia relativa al rapporto di lavoro intercorrente tra un impiegato dipendente e il suo datore di lavoro (ente pubblico non economico). In particolare, il lavoratore sostiene di svolgere mansioni superiori rispetto al suo inquadramento e ricorre a causa del mancato riconoscimento, da parte del datore di lavoro, della superiore qualifica, chiedendo perciò la condanna dello stesso al pagamento delle differenze retributive tra il livello di inquadramento e quello rivendicato.

La Corte di Cassazione ha chiarito che "nell'ambito del pubblico impiego contrattualizzato, l'accertamento dello svolgimento di mansioni superiori deve essere operato avuto riguardo all'atto di macro-organizzazione, di portata generale, con il quale l'amministrazione ha adattato alla propria struttura i profili professionali previsti dalla contrattazione collettiva, individuando i posti della pianta organica [...]". 

L'impiegato pubblico cui sono state assegnate, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori ha diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell'art. 36 Cost., che deve trovare integrale applicazione, senza sbarramenti temporali di alcun genere. Questa posizione era stata già ampiamente confermata in precedenza dalla Corte di Cassazione (Cass. S.U. n. 25837/2007, si vedano in particolare i punti 6.4 e 6.5), secondo la quale l'art. 36 Cost. si estende ai casi in cui le mansioni attribuite al lavoratore siano in concreto svolte nella loro pienezza, sia per quanto attiene al profilo quantitativo che qualitativo dell'attività spiegata, sia per quanto attiene all'esercizio dei poteri e alle correlative responsabilità attribuite. 

Inoltre, con la recente ordinanza la Cassazione ha chiarito che il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, è da riconoscere nella misura indicata nell'art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 e non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all'intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui alla norma costituzione sopracitata.

Tale diritto va escluso solo qualora l'espletamento sia avvenuto all'insaputa o contro la volontà dell'ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell'ordinamento.