L'incarico di direttore generale di università non può essere equiparato a quello di dirigente di ufficio dirigenziale generale ai fini dell'applicazione dell'art. 23 del d.lgs. 165/2001 (ossia per rivendicare l'inquadramento nella prima fascia del ruolo dirigenziale). Questo è quanto emerge dall'ordinanza n. 4876/2020 della Sezione lavoro della Cassazione.
L'art. 23 del d.lgs. 165/2001 prevede che i dirigenti di seconda fascia transitino nella prima fascia qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti per almeno cinque anni. La norma si riferisce a tutti i dirigenti che abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali, nonché a quelli che abbiano svolto incarichi equivalenti, sulla base però di quanto previsto dai «rispettivi ordinamenti». Ciò significa, ha piegato il Collegio, che «l'equivalenza opera solo a condizione che abbia una base normativa, con la conseguenza che non è predicabile a fronte di incarichi diversi». È da escludere, pertanto, che «l'incarico di direttore amministrativo dell'università possa essere equiparato a quello di dirigente di ufficio dirigenziale generale», poiché le norme speciali che a esso si riferiscono escludono qualsiasi assimilazione.
L'articolo 17 della legge 127/1997 e l'articolo 8 della legge 370/1999, che si occupano del rapporto di lavoro del direttore amministrativo (figura sostituita dalla l. 240/2010 con quella del direttore generale), prevedono una disciplina speciale rispetto a quella del lavoro dirigenziale, che si differenzia sia per le diverse modalità di costituzione che per gli aspetti economici, con la conseguenza che lo svolgimento di questo incarico non può essere fatto valere «per rivendicare l'inquadramento nella prima fascia del ruolo dirigenziale».
Sulla base delle suddette argomentazioni, la Cassazione ha ritenuto infondata la richiesta di pagamento delle differenze retributive, avanzata dal direttore amministrativo dell'Università degli studi della Basilicata tra il 2002 e il 2007, invocando l'applicazione nei suoi confronti dell'articolo 23 del Dlgs n. 165/2001, come modificato dalla legge n. 145/2002.