PRIVACY IN PILLOLE - Accesso civico: parere Garante Privacy solo in casi dubbi

PRIVACY IN PILLOLE - Accesso civico: parere Garante Privacy solo in casi dubbi

di Utente eliminato -
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Il T.A.R. Marche Ancona - Sez. I, nella sentenza n. 221 del 05/04/2022, ha affermato che nei procedimenti di riesame dei provvedimenti di accoglimento dell’istanza di accesso civico generalizzato non è necessario che il responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza richieda un parere al Garante per la protezione dei dati personali prima di provvedere.

Nel caso di specie, l'Università degli Studi di Macerata aveva accolto l'istanza di accesso presentata da uno dei suoi docenti, ma, all'esito della richiesta di riesame proposta da un docente controinteressato, il Responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza dell'Università ha negato l'accesso ad uno degli atti precedentemente resi disponibili. Il docente che aveva inizialmente proposto l'istanza di accesso ha dunque fatto ricorso al T.A.R., ritenendo illegittimo il diniego di ostensione, dal momento che il responsabile non aveva preventivamente interpellato il Garante, come prescritto dall’articolo 5, comma 7, del d.lgs. 33/2013 (richiesta di riesame da parte degli interessati in caso di accesso civico negato per evitare un pregiudizio concreto alla tutela dei dati personali).

Il T.A.R. non accoglie il ricorso, affermando che, quando le istanze di riesame sono proposte dal controinteressato, il responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza non è tenuto a richiedere il parere del Garante; l’obbligo in questione sussiste infatti, secondo la norma citata, quando le istanze di riesame sono presentate dal soggetto che richiede l’accesso.

Il T.A.R., inoltre, precisa che dal combinato disposto fra i commi 7 e 9 dell’articolo 5 del d.lgs. 33/2013 non si può dedurre l’esistenza di una regola generale secondo cui qualsiasi decisione in materia di accesso civico debba essere preceduta dal parere del Garante della privacy: se così fosse, infatti, si assisterebbe ad un notevole rallentamento delle sue attività istituzionali, causato dalla grande quantità di richieste da esaminare. Di conseguenza, le amministrazioni pubbliche e i responsabili per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza devono rivolgersi al Garante qualora si trovino a dover affrontare dei casi dubbi o delle situazioni inedite, mentre in tutti gli altri casi «è del tutto normale che […] basino le proprie decisioni sulla “giurisprudenza” del Garante».