Si segnala la sentenza del 3 marzo 2021 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità dell’art. 68, comma 3, del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico sugli impiegati civili dello Stato). In particolare, la Consulta ha ritenuto l’illegittimità costituzionale nella parte in cui, "per il caso di gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti, non esclude dal computo dei consentiti 18 mesi di assenza per malattia i periodi non computabili secondo l'art. 35, comma 14, c.c.n.l. 2006-2009 - comparto Università", vale a dire "i giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital e quelli di assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie".
Ha sollevare la presunta questione di illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, è stato il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana all’esito di una pronuncia del Tar con la quale assoggettava alla "disciplina pubblicistica" l’assenza per malattia oncologica di una giovane ricercatrice, la quale si prolungava oltre il periodo massimo di aspettativa fissato in 18 mesi ex art. 68, comma 3 D.P.R. 157 n. 3, e ciò sul presupposto che “il rapporto di pubblico impiego del ricercatore universitario non è privatizzato”. La questione veniva riproposta in appello, dove il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana riteneva però che ciò integrasse una vera e propria “disparità di trattamento tra dipendenti pubblici in regime di impiego privatizzato, e dipendenti pubblici in regime di impiego non privatizzato, in danno di questi ultimi”. Di qui la questione di costituzionalità sollevata in riferimento agli articoli 3 e 32 della Costituzione.
Ebbene, per la Corte, sebbene non possa condividersi l'assunto secondo cui tale differenza sarebbe lesiva dell'articolo 3 Cost., sotto il profilo del "principio di uguaglianza", in quanto i due tipi di rapporto di lavoro effettivamente "presentano caratteristiche strutturali che con l'andare del tempo si sono sempre più differenziate", e ciò risponde "alle obiettive differenze di status, legate al carattere privatizzato o meno del rapporto", tuttavia "il mancato riconoscimento del periodo di comporto manifesta una intrinseca irrazionalità che lo rende costituzionalmente illegittimo per violazione, sotto questo diverso profilo, dell'art. 3 Cost., con assorbimento del residuo parametro (art. 32 Cost.)."Esso infatti - prosegue la Corte - è la manifestazione di un ritardo storico del legislatore rispetto alla contrattazione collettiva. Quest'ultima (il Ccnl del comparto Università non è isolato al riguardo), con la sua naturale dinamicità, è stata in grado di tener conto del progressivo sviluppo dei protocolli di cura per le gravi patologie, e in particolare delle cosiddette terapie salvavita con i loro pesanti effetti invalidanti; ciò al contrario non è avvenuto per la disciplina normativa, che, risalente ad anni ormai lontani, non è più adeguata al contesto attuale, caratterizzato – come si è detto – dalla profonda evoluzione delle terapie. Pertanto, va dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 68, comma 3, del d.P.R. n. 3 del 1957, nella parte in cui, per il caso di gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti, non esclude dal computo dei consentiti diciotto mesi di assenza per malattia i giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital e quelli di assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie".