ACCESSO IN PILLOLE 2-2019

ACCESSO IN PILLOLE 2-2019

di INFO DIRITTO -
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ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO

LEGITTIMO NEGARE L'ACCESSO IN CASO DI RICHIESTE MASSIVE
L'accesso civico generalizzato non può intralciare l'azione amministrativa dell'ente ostensore, perciò è giusto negarlo nei casi di richieste massive o se questo diritto è adoperato in modo distorto. Il c.d. dialogo collaborativo col richiedente accesso non è un onere, ma una facoltà della P.A. (Consiglio di Stato, sez. VI, 13 agosto 2019, n. 5702).
In base all'art. 1 del d.lgs. n. 33/2013, l'accesso civico ha la sua ratio esclusiva nella dichiarata finalità di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, nonché nella promozione della partecipazione al libero dibattito pubblico. Esso, pertanto, non è utilizzabile in modo disfunzionale rispetto alla predetta finalità ed essere trasformato in una causa di intralcio al buon funzionamento della P.A., ma va usato secondo buona fede. La valutazione del suo uso va, cioè, svolta caso per caso e con prudente apprezzamento, al fine di garantire che non se ne faccia un uso malizioso e, per quel che concerne nella specie, non si crei una sorta di effetto "boomerang" sulla P.A. destinataria.

NON SONO CONFIGURABILI PROVVEDIMENTI DI SILENZIO-RIGETTO
Al contrario dell'accesso documentale disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, con riguardo all'accesso civico generalizzato di cui al d.lgs. n. 33 del 2013 non sono ipotizzabili provvedimenti di silenzio-rigetto. Dinanzi al silenzio dell'Amministrazione l'interessato può seguire due strade: a) attivare la speciale tutela amministrativa davanti al RPCT (proprio al fine di ottenere un provvedimento espresso); b) attivare la speciale procedura giurisdizionale di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a. onde far accertare l'illegittimità del silenzio e, dunque, per ottenere una condanna al rilascio di un provvedimento espresso (Tar Roma, sez. III, 27 agosto 2019, n.10620).

ACCESSO CIVICO SEMPLICE E PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Nel parere n. 179 del 2 ottobre 2019 il Garante della privacy ha ribadito che i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico – a differenza di quelli che si ricevono tramite l’accesso documentale di cui alla l. n. 241/1990 – divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7 del d.lgs. n. 33/2013», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai documenti richiesti.
La valutazione dell’ostensione di dati personali nell’ambito del procedimento di accesso civico deve inoltre essere effettuata anche nel rispetto dei principi indicati dall’art. 5 del Regolamento UE 2016/979, fra cui quello di «minimizzazione dei dati», secondo il quale i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati, in modo che non si realizzi un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone cui si riferiscono tali dati.

Già in un precedente parere relativo ad un'istanza di accesso a contestazioni e sanzioni disciplinari inflitte a dipendenti, il Garante per la protezione dei dati personali aveva statuito che la generale conoscenza di tali informazioni può effettivamente arrecare ai soggetti controinteressati proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall'art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.  Bisogna, inoltre, tener conto delle ragionevoli aspettative di confidenzialità dei soggetti controinteressati in relazione al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti dall’azienda, nonché della non prevedibilità, al momento della raccolta dei dati, delle conseguenze derivanti dalla eventuale conoscibilità da parte di chiunque dei dati richiesti tramite l’accesso civico (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico).

Più di recente, l'Autorità garante si è espressa nello stesso senso in tema di accesso al numero di ore di plus orario con relativo valore economico, assegnato o effettivamente svolto dai singoli dirigenti, richiesto ai fini della costituzione dei fondi di risultato delle rispettive aree (Parere n. 164 del 12 settembre 2019).

IN TEMA DI APPALTI

ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO
Con una recente pronuncia il Consiglio di Stato ha statuito che i documenti concernenti le procedure di affidamento ed esecuzione di un appalto sono sottoposti esclusivamente alla disciplina di cui all'art. 53 del d.lgs. 50/2016, in quanto quest'ultimo richiama soltanto gli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 1990, escludendo, pertanto, l'operatività dell'accesso civico generalizzato di cui all'art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013 (Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 5503 del 2 agosto 2019; cfr. Tar Lombardia - Milano, Sez. I, n. 630 del 25 marzo 2019; Tar Emilia Romagna - Parma, Sez. I, n. 197 del 18 luglio 2018). Per il collegio non appare praticabile, allo stato, una lettura evolutiva della disciplina del diritto di accesso per cui una tipologia di accesso a portata generale, come l'accesso civico generalizzato, debba ritenersi prevalente sull'altra, in particolare sull'accesso procedimentale o documentale in materia di appalti.

Così argomentando, i giudici amministrativi hanno confutato un precedente orientamento giurisprudenziale secondo cui, al contrario, l'intera materia dei contratti pubblici sarebbe sottoposta all'applicabilità dell'istituto dell'accesso civico generalizzato, al fine di perseguire procedure di appalto trasparenti in linea con la prevenzione e il contrasto della corruzione (Cons. St., sez. III, sent. n. 3780 del 05 giugno 2019). Tale opposto orientamento trovava sostanzialmente fondamento sulle seguenti considerazioni:
- il mancato richiamo dell'accesso civico generalizzato da parte dell'art. 53 del d.lgs. n. 50/2016 non determina l'inoperatività del predetto istituto;
- l'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 elenca in modo tassativo gli ambiti sottratti alla regola generale della trasparenza senza contemplare fra le materie escluse quella degli appalti pubblici;
- il comma 6 dello stesso art. 5-bis rimette all'ANAC, Autorità competente anche in materia di appalti pubblici, la predisposizione di linee guida recanti indicazioni operative sull'accesso civico generalizzato.

ACCESSO AGLI ATTI DI UN'IMPRESA ESCLUSA DALLA GARA
L'accesso alla documentazione amministrativa non può essere negato all'appaltatore che, non avendo impugnato la propria esclusione, non possa più agire in giudizio (Tar Campania- Napoli, sez. VI – sentenza 23 maggio 2019 n. 2779).
L’impresa resta titolare di un interesse diretto, concreto e attuale ad accedere alla documentazione amministrativa della gara, anche se non ha impugnato la sua esclusione dalla procedura. Non ha, invece, diritto a conoscere le offerte tecniche ed economiche dei partecipanti che hanno proseguito nella procedura di gara in quanto l’interesse a conoscere del ricorrente si ferma alla sola fase amministrativa avendo ritenuto anche di non impugnare né l’esclusione né le ammissioni degli altri.